martedì 12 febbraio 2013

















           

              
                     








  










              
                         

              

                            

               


                       
Di solito io ho sempre avuto le mani fredde, lo sono sempre state, stranamente da un po' di tempo lo sono di meno, o per nulla. Ma nonostante questo sono sempre stata una che ha creduto alle mani, e non penso mi abbiano mai tratto in inganno.
Credo alla mani strette dentro le mani ed alle dita rigirate tra loro con forza quasi avessero voglia di provare dolore, quasi per la prima volta scoprissero il motivo della loro funzione, prendere avere e stringere, stringere così forte da fermare in un momento la circolazione di sangue e pensieri, stringere per voler trattenere non con la paura che le si debba lasciare ma per la voglia imperitura di voler restare, non per egoismo o per necessità ma per la forza estrema di volersi abbracciare, di volersi scambiare.
Ho sempre creduto a ciò che le mani si sono dette tra loro, e quando fissi nella tua mente tutto ciò che da quella stretta ricavi, dentro accade qualcosa di strano, perché da tutto quel calore passi a pensare alle ossa.
Duecentododici ossa, queste sono all’incirca quelle che abbiamo, duecentododici ossa che ti viene solo voglia di toccare, di contare una per una per tutto quanto il corpo attraversando la pelle.
Se arrivi a toccare le ossa di qualcuno, appoggiando delicatamente il palmo sulla sua pelle, affondando quanto basta il tuo dito per poterle sentire, una ad una fino a contarle, allora sei un privilegiato, perché di quella persona ne tocchi il sostegno, perché questo sono le ossa, sono il sostegno del suo corpo, il sostegno dei suoi organi.
Tocchi tutto ciò che la tiene insieme.
Ti resterà sempre la voglia di sostenerla.